La Boston Marathon corre dal 1897. Non l’ha fermata neanche il famigerato attacco terroristico del 2013: ogni terzo lunedì d’aprile, Patriots’ Day negli USA, raduna runner di tutto il mondo per celebrare la fatica e l’ebrezza di una disciplina che più tosta non si può.
Questa 120ma edizione ha visto oltre 30.000 partecipanti e un milione di spettatori lungo il difficile percorso di 26,2 miglia (su terreno collinoso) da Hopkinton a Boylston Street, Boston. Il tempo era stupendo, caldo e soleggiato, la folla “elettrizzata” e partecipativa, tanto che un’atleta ha confessato di aver avuto “letteralmente la pelle d’oca” per il supporto che avvertiva attorno a sé.
A tagliare il traguardo per primi, Lemi Berhanu Hayle per gli uomini e Atsede Baysa per le donne, entrambi etiopi, entrambi (come anche Tirfi Tsegaye, seconda atleta donna classificata) seguiti da un grande manager sportivo italiano, Gianni Demadonna della DAP, che basa i risultati su una formidabile assistenza fisioterapica curativa e preventiva direttamente nei centri di allenamento d’Etiopia, supportato da Human Tecar.
È la prima volta che il paese africano ha fatto l’en plein di titoli nello storico evento di Boston e non è un caso, come non sono un caso le vittorie a 360 gradi di atleti della DAP, assistiti da Human Tecar, nelle recenti maratone di Vienna, Mumbai, Dubai, Parigi e Milano.
Dietro questi successi sta un lavoro minuzioso, una programmazione al millimetro dove l’atleta è seguito passo passo sul posto, nel luogo stesso dove si allena, perché arrivi alla gara feeling his best, feeling her best. Pronto per vincere.
Se non si chiama Human Tecar, non darà i benefici di Human Tecar